Stelle Michelin? No grazie, abbiamo un’altra storia
12 Novembre 2022

Di Francesco Santocchi
Da pochi giorni è avvenuta l’ annuale assegnazione delle stelle Michelin, iconica rivista che per ad inizio ‘900 segnalava quali fossero i migliori ristoranti dove mangiare, questa tradizione e’ stata perpetuata sino ai nostri giorni, dove molti ristoranti italiani sono stati premiati con le famose stelle.
Le tradizioni ovviamente vanno aldilà del ‘900 e della società del capitalismo, dove un azienda che fa “gomme per auto” diventa leader nell organo giudicante di coloro i quali fanno una buona cucina e una buona ospitalità.
Ormai si sa che nella società del profitto e del consumo il marketing e la storytelling hanno preso il sopravvento. Ad ogni modo vorrei ricordare che se l’Italia ancora oggi è inteso come il paese del buon cibo e della buona cucina lo si deve a fattori di carattere storico e culturale.
Marco Apicio nel periodo imperiale romano, con il suo “de arte coiquinaria” darà vita alla cucina su carta stampata, abbiamo avuto umanisti rinascimentali che parlavano di cibo come il Platina.Caterina dei Medici che portó alle corti di Francia la grande tradizione gastronomica della Repubblica di Firenze, oltre al bacio alla francese.
Abbiamo avuto Francesco Procopio coltelli che portó la grande tradizione dei sorbetti palermitani al centro di Parigi, servendoli nel suo caffè Procope a Voltaire e Roussesu. Benedetto da Norcia che grazie alla suo movimento monastico tramandò lo studio agrario legato alla coltivazione della vigna.
I Frati di Salerno grazie ai quali l’ Europa può vantare la più grande cultura liquoristica al mondo. Per non parlare dei caffè letterari torinesi, il suo Vermouth ed il gianduiotto, insieme al Barolo del Conte Cavour.
Ecco adesso mi chiedo perché una rivista che è di proprietà di un azienda francese che fa “gomme per auto” debba giudicare i nostri costumi, le nostre tradizioni, le nostre identità. Siamo un popolo senza memoria come diceva Indro Montanelli.