Le pressioni politiche che cambiano la linea d’azione di Donald Trump

di Redazione
10 Aprile 2017

La notizia dell’attacco in Siria desta spaesamento in alcune particolari visioni geopolitiche. Sulla vicenda del falso bombardamento chimico che avrebbe potuto indurre Trump ad attaccare, la questione si può capovolgere pensando alla “funzione della politica della strage” per giustificare, appunto, il conseguente bombardamento e la ripresa delle attività militari in quel fronte. Altra tesi è quella che riguarda un attacco “morbido”, lanciato da Trump in Siria, per non indispettire troppo la Russia. Ma l’ipotesi più plausibile è da ricercare nella disposizione del potere in USA.

Togliendo al presidente Trump eventuali e irrisori ruolo ascetici, bisogna analizzare il sistema delle lobby ovvero quella piramide di blocchi di potere che – in un meccanismo concatenato e gerarchico – influenzano e decidono la politica istituzionale USA. Tutto il mainstream mediatico – uno di questi comparti indicati – fa passare in seconda battuta, infatti, le vere scelte imperialistiche della nuova presidenza. Esse sono ad esempio, le introduzioni di uomini della Goldman Sachs nell’entourage di potere. Tra questi Steven Mnuchin come Segretario del Tesoro, e Gary Cohn alla direzione del Consiglio Economico Nazionale della Casa Bianca. Abbiamo poi l’influenza di Paul Achleitner, presidente della Deutsche Bank e più grande finanziatore di Donald Trump. Importanti sono i riavvicinamenti colla vecchia direzione neocons, come la tanto voluta dimissione del generale Flynn. Questi si era battuto per la riorganizzazione della CIA, ed è stato attaccato duramente proprio dai settori più intransigenti dell’establishment repubblicano. Un ulteriore azione di contrasto, da parte neocons, l’hanno quelli che in gioventù erano militanti della sinistra trotzkista. Essi sono stati molto attivi nelle Primavere Arabe, e sono portatori ancora oggi – all’interno della logica imperialista – di quel bagaglio annichilente delle “questioni nazionali” (dei paesi altrui ovviamente). Tra questi annoveriamo la famiglia Podheretz e Irving Kristol, soprannominato il padrino dei neocons. Allo stesso modo viene attaccato dai neocons James Mattis, capo del pentagono. Mattis è particolarmente sensibile allo smarcamento degli USA dallo Stato di Israele. Uomini di fiducia della finanza sionista ne abbiamo oltre un centinaio dislocati tra l’amministrazione o in ruoli vicini al presidente e ai suoi figli. Tra questi abbiamo Jared Kushner, marito di Ivanka Trump, rampollo della famiglia Kushner. Egli si era recato in Iraq – pochi giorni prima dell’attacco in Siria – a trafficare in chiave geopolitica insieme all’altro neocons particolarmente ostile a politiche di tipo isolazionistico: John McCain. Su quest’ultimo sappiamo, infatti, quanto stia facendo per destabilizzare l’area dell’Ucraina e del Baltico come zona di pressione sulla Russia.

Poi si è discusso poco del fatto che Steve Bannon fosse stato sostituito proprio pochi giorni prima delle operazioni in Siria. Su Bannon da alcuni media nostrani tante chiacchiere come al solito tutte fuorvianti. E’ stato presentato ad esempio come un “falco” per essere espressione dei settori di una certa destra americana, in realtà le sue posizioni in materia di politica estera sono prettamente isolazioniste. Celebre in alcuni ambienti da Konservative Revolution moderna, sono state alcune sue dichiarazioni su Julius Evola le quali hanno fatto affiorare ulteriori pregiudizi vari.

Altro punto fondamentale è il ruolo di Israele a livello geopolitico, a partire dalle questioni del trasferimento della capitale da Tel Aviv a Gerusalemme, ma anche riguardo le vicende all’interno dell’ONU. Qui infatti Israele nel dicembre dello scorso anno è stato messo in minoranza riguardo le proposte di ampliamento delle zone in favore dei coloni in Palestina. Importante è inoltre tutta l’attività di aggressione missilistica che Israele stava compiendo nei confronti della Siria proprio pochi giorni prima dell’attacco USA.

Per quanto riguarda gli schieramenti geopolitici le alleanze del blocco occidentale si riformulano come nell’era Obama prevedendo, ovviamente, anche Germania e Francia. Dal lato della Siria abbiamo l’allineamento della Turchia, che ha rimodulato la sua politica estera sganciandosi dall’influenza USA. Infine abbiamo la Cina che per posizione e per politica estera si aggancia alla Russia, insieme all’Iran.

Come si vede dallo schema presentato i fatti non seguono sempre una successione lineare, ma sono presenti delle forze che dietro le righe manipolano e orientano gli eventi e le istituzioni per i loro benefici. Per questo ogni azione va valutata nella sua specificità e alla luce di un quadro di insieme, che tenga conto delle contraddizioni principali e dei poteri in grado di fornire le influenze principali.

Roberto Siconolfi