La Guerra in Ucraina e i rischi per la siderurgia italiana

di Redazione
31 Marzo 2022

Di Francesco Ciro Miale

L’Italia ha quattro siti siderurgici di rilevanza nazionale: Taranto, Piombino, Trieste e Terni. Gli effetti negativi della guerra in Ucraina stanno iniziando a farsi sentire anche sulla siderurgia italiana. Tutte le materie prime alla base del nostro acciaio, come ghisa, rottame, ferroleghe hanno subito incrementi del 20% , oltre a pesare sul sistema anche l’aumento dei costi energetici.

Tra i vari Paesi esteri a cui ci affidiamo per le forniture,  vi è da notare che l’Italia importa il 50,5% del totale delle materie prime siderurgiche ucraine e per i semilavorati addirittura il 74,5% e se includiamo anche la Russia, le importazioni del nostro Paese sono pari a 5,5 milioni di tonnellate tra ghisa, rottame, e prodotti intermedi come bramme e billette. 

Parliamo di un giro di affari di quasi 3 miliardi di euro.

Il settore siderurgico costituisce un elemento imprescindibile delle attività produttive del nostro Paese ed è per questo considerato un asset strategico, fondamentale per tutti quei settori di straordinaria importanza per la produzione e l’occupazione del Paese come la manifattura, la meccanica dell’auto, gli elettrodomestici, l’edilizia, la difesa e le ferrovie, con un fatturato totale delle imprese della sola parte alta della filiera siderurgica (utilizzatori esclusi) che si aggira tra i 60 e i 70 miliardi di euro (prima della pandemia).

Se i problemi di approvvigionamento dovessero peggiorare l’intera industria siderurgica italiana rischia di fermarsi, pertanto, si propone la necessità di tutelare questo importante settore attraverso lo sviluppo di un “Piano Strategico” che comprenda i quattro stabilimenti di rilevanza nazionale.

Nello specifico, il Piano Strategico dovrebbe definire innanzitutto il fabbisogno di acciaio nel nostro Paese, affrontare i temi dell’energia e della fornitura delle materie prime ed infine, avviare il processo di decarbonizzazione degli Stabilimenti nell’ottica di un’industria eco-sostenibile, che rispetti il diritto al lavoro, il diritto all’ambiente e il diritto alla salute.

Vi sarà bisogno di uno Stato stratega che adotti una politica industriale comune per il settore dell’acciaio e che indirizzi i nostri Siti a produrre primariamente per il “fabbisogno del mercato nazionale”. 

Una vera e propria “filiera dell’acciaio italiano” che dovrà avere come obiettivi: l’interesse nazionale, la collaborazione sinergica tra i siti industriali di rilevanza nazionale, la promozione del prodotto Made in Italy,  la ricerca e le nuove tecnologie, la produzione e la commercializzazione del prodotto finale, la logistica e la condivisione della mole infinita di dati.