“Ciao 2021” lo show russo che dietro l’ironia ammira l’Italia
3 Gennaio 2022

Bella la computer grafica che permette a Vladimir Putin di parlare in italiano. Belli gli interventi dei Ricchi e Poveri, di Toto Cutugno, di Al Bano, di Fedez.
Ma il clou dello show di capodanno “Ciao 2021” andato in onda sul primo canale tv russo è questo: una canzone d’amore dedicata a Sanremo.
Chi si sente offeso dallo spettacolo-parodia dell’Italia degli anni ’80 che per il secondo anno di fila ha tenuto attaccati al televisore milioni di russi si sente offeso, essenzialmente, per la propria storia nazional-popolare.
Il “modello Drive-In”, che ancora fa impazzire i russi e mezzo mondo non intaccato dal politicamente corretto, fu invece uno dei principali strumenti di soft-power di una superpotenza che non aveva la bomba atomica ma che esportando uno stile di vita era riuscita a diventare la quarta economia del mondo.
Lo show, interamente in lingua italiana, è la prova che, al contrario di quanto accade talvolta in Europa e in Occidente, in larga parte del mondo extra-atlantico l’Italia conserva un appeal.
Cos’è che buca, il trash? E sia.
Cos’è che arriva, la stereotipizzazione? E sia.
Cos’è che fa gola, la spensieratezza? E sia.
Perché tramite tutto ciò l’Italia avrebbe comunque, come un tempo, la possibilità di esportare lingua, luoghi d’arte, prodotti tipici, cultura.
Invece, la cosa drammatica è che non solo qualcuno si sente offeso, non solo l’Italia del 2022 fa la gara ad omologarsi a chi nel mondo non potrebbe esportare nemmeno il trash, figuriamoci le eccellenze, ma tutta l’onda lunga di rapporti culturali-commerciali che una cosa del genere potrebbe generare è resa persino impossibile da scelte politiche tafazziane come le sanzioni anti-russe.
In una valanga di ironie, questo spezzone, la canzone dedicata a Sanremo, è rappresentativa di un amore e di una ammirazione sinceri nei confronti del nostro Paese e della nostra cultura popolare. Sanremo, ai tempi della Perestrojka, era per i ventenni sovietici davvero ciò che Hollywood è per il mondo. E quei ventenni, che oggi hanno 60 anni, se lo vogliono godere ancora, quel momento, che tenendoli attaccati alla loro memoria li tiene legati a doppiofilo anche all’Italia e a un modo di vivere la vita che a loro sembrava un sogno.
Incredibile che, a 40 anni di distanza, senza più la “liretta”, senza più la capacità di fare show a propria immagine e somiglianza e anzi dovendo importare format spazzatura e per di più stranieri, senza più appeal e cultura nazional-popolare da poter diffondere in giro per il mondo, ad insegnarci come sapevamo vivere bene debbano essere gli altri.