Le due strade di Renzi: scegliere con chi allearsi o fare un nuovo partito
22 Febbraio 2017
La scissione del PD si è consumata come previsto. Ad eccezione del governatore della Puglia Michele Emiliano, che sfiderà Renzi al congresso del PD, i democratici hanno perso l’ala del partito rimasta nel solco della sinistra tradizionale. Questa frattura delinea tre prospettive interessanti da analizzare: il futuro di Matteo Renzi, la “nuova” sinistra, l’ipotetico “spazio centrista”. Matteo Renzi ha di fronte a sé due strade da qui alle prossime elezioni:
1) vincere il congresso, tenersi il partito, cercare di dialogare con un fronte ampio che vada dagli scissionisti a Forza Italia. Anche se la legge elettorale cambiasse, o venisse omogeneizzata, non permetterà, a chiunque arrivi primo, la formazione del governo senza passare da una coalizione parlamentare. Renzi può scegliere l’opzione realista, uniformarsi alla situazione di frammentazione, provare ad arrivare primo nelle urne e poi sedersi al tavolino munito di manuale Cencelli. In questo scenario la fatica per tenere in piedi una coalizione potrebbe essere molto dovendo pagare dividendi a tutti i suoi alleati (Berlusconi, Alfano, Verdini, gli scissionisti, la nuova minoranza PD) e ancora più difficile potrebbe essere presentare e realizzare un serio programma di riforme.
2) Scegliere la più rischiosa, e oggi improbabile, operazione Macron (semplificazione brutale). Ciò significherebbe vincere il congresso, cambiare nome al partito, spostarlo al centro (diventare più duro su immigrazione, più anti-sindacale su economia e welfare), rischiare di perdere un’altra fetta delle minoranza (Orlando, Emiliano e co). Questa operazione però potrebbe far guadagnare a Renzi alcuni consensi drenandoli a centristi e Forza Italia. Insomma provare a conquistare quella fetta di elettorato, piccola (5-10%) ma importante, che non voterebbe mai il Partito Democratico ma che teme la rivolta populista. Perderebbe voti a sinistra? Chi scrive ritiene che, con l’ultima scissione, abbia già perso il voto della sinistra tradizionalista e sindacalista (4-5%). Questa manovra permetterebbe a Renzi di sbarazzarsi degli alleati centristi (difficile per Alfano e co trovare i voti per il parlamento con una sigla propria a fronte dell’operazione Macron) e lo proietterebbe dritto ad Arcore dove un Berlusconi ridotto ma pur sempre influente potrebbe scegliere di sostenere un governo Renzi II. L’operazione presenta diversi rischi, dal cambio di nome del partito alla possibile mancanza di numeri per formare un governo nonostante il Nazareno. Molto, in questo caso, dipenderà dalla legge elettorale. Se tutto resta com’è, lo scenario diventa fortemente improbabile.
La nuova (si fa per dire) sinistra ha due problemi principali: mettere insieme famiglie litigiose e frammentate da un lato e trovare una leadership forte e credibile dall’altro. La piccola ammucchiata senza leadership può forse riportarli in Parlamento, ma con capacità d’influenza molto limitate. Eppure un leader populista e funambolico potrebbe esserci da quelle parti. Parliamo del sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Alla conferenza programmatica di Sinistra Italiana l’intervento del primo cittadino partenopeo è stato di gran lunga il più acclamato. De Magistris mescola i temi da sinistra antagonista (centri sociali, sovranità popolare e via dicendo) con un atteggiamento tutto pragmatismo e law and order. Abilità retoriche, atteggiamento da Masaniello e carisma del sindaco sono indiscutibili e potrebbero diventare un asset in un panorama confuso come quello della sinistra italiana. L’ex pm si è già fatto il suo partito ad inizio febbraio, ha fatto sapere a D’Alema di non voler aver niente a che fare con lui, e probabilmente nemmeno con la ditta Speranza&Bersani, dichiarando che l’elettorato vuole rotture con il passato e radicalità. Soprattutto al Sud può guadagnare molti consensi tra gli scontenti del Partito Democratico e puntare, caratteristica peculiare, agli elettori già stufi del Movimento 5 Stelle. Certo De Magistris è personaggio con una personalità divisiva, il che non aiuta in uno scenario frammentato, tuttavia potrebbe tentare l’ambiziosa operazione di alleare un pezzo di quel mondo e mangiare consensi ai rimanenti competitors. Non è improbabile che le formazioni a sinistra del PD possano essere due (se DeMa, il partito del sindaco napoletano deciderà di presentarsi subito alle elezioni politiche): una tradizionale, welfarista e sindacalista e l’altra radicale, populista e territoriale (una vera Podemos, non quella scolorita di Pippo Civati). Parafrasando Mao la confusione sotto il cielo è grande e per DeMa la situazione potrebbe essere eccellente già nel 2018.
C’è poi uno spazio, come si scriveva sopra, alla destra di Renzi soprattutto se questo restasse imbrigliato nelle trame del PD e se il centrodestra rinunciasse a riunirsi secondo un percorso serio e rigenerativo. In questo scenario una fetta di elettori, stanchi di Berlusconi ma indisponibili a votare il PD così come la destra di Salvini, potrebbe essere intercettata da chi avesse il coraggio di tentare un’impresa politica. Alle condizioni attuali, questo ruolo non può essere svolto da una zattera su cui si imbarcano Alfano, Tosi, Casini, Verdini, Zanetti e chissà chi altro. A questi è sbarrato l’ingresso nel PD e, insieme, farebbero molta difficoltà ad arrivare al 3% previsto dall’attuale legge elettorale (diverso se ci fossero le coalizioni). Si tratta di un mondo privo di forza elettorale e destinato all’estinzione. Invece, questo spazio potrebbe essere occupato da qualche “imprenditore politico” (non nel senso che debba essere un imprenditore nella vita ma qualcuno che voglia iniziare una nuova avventura politica), credibile e indipendente da tutti questi mondi (altrimenti si rischia l’effetto Parisi), che si ponesse in un’ottica competitiva con Renzi su tasse, lavoro, welfare e pubblica amministrazione, ma senza cadere nella polarizzazione della destra leghista. Una forza fresca capace di parlare con efficacia ad un elettorato potenziale del 10-12%, rimpiazzare i vecchi arnesi, raccogliere i moderati delusi del berlusconismo potrebbe trovare spazio sul mercato politico in uno scenario in cui risulti impossibile trovare compattezza. Ad oggi questo imprenditore politico (o gruppo di nuovi protagonisti) non esiste, ma il compito di una newsletter non è solo di dispensare analisi ma anche quello di lanciare qualche idea corsara o provocazione.