Il futuro della democrazia occidentale: crescono gli elettori anti-sistema

di Lorenzo Castellani
17 Gennaio 2017

La scorsa settimana è uscito un altro importante rapporto internazionale: il Global Risks Report 2017 del World Economic Forum. Il report, disponibile qui http://reports.weforum.org/global-risks-2017/, è un paper piuttosto lungo e, ancora una volta, è opportuno selezionare gli aspetti più interessanti per le implicazioni politiche su scala globale.

La sezione più affascinante è quella in cui si riflette sul futuro della democrazia occidentale. L’analisi si fonda su quattro aspetti: la crescita dei partiti anti-establishment, l’impatto delle nuove tecnologie, il ritorno dell’identità, il dibattito sulla post-verità.

La crescita dei partiti anti-establishment. È un trend in crescita in tutta Europa in cui l’elettorato si sta sempre più polarizzando intorno a messaggi di contestazione verso i partiti e le istituzioni tradizionali, ritorno del nazionalismo, della difesa dell’identità e di chiusura verso l’immigrazione mescolate politiche assistenziali a favore delle classi medio-basse. Gli effetti della “reazione populista” potrebbero a breve contagiare i partiti tradizionali influenzandoli nella proposta politica (rafforzamento del welfare e della spesa pubblica, chiusura all’immigrazione), frammentare il quadro politico indebolendo la stabilità dei governi (Spagna, Italia, Irlanda), minare la tenuta di istituzioni sovranazionali (UE), decostruire il mito universale della democrazia liberale puntando il dito contro l’assetto liberal-democratico e la sua incapacità di risolvere i problemi economici, finanziari e amministrativi delle persone comuni. La rivolta contro i partiti tradizionali, inoltre, sarà sempre di più un fenomeno trasversale capace di tagliare il quadro politico orizzontalmente da destra a sinistra. Avremmo quindi movimenti anti-politici e movimenti anti-establishment con sfumature di destra e di sinistra.

L’impatto delle nuove tecnologie. Automazione e innovazione hanno portato enormi benefici alla vita quotidiana ma stanno anche cambiando radicalmente il mondo del lavoro. I sistemi d’istruzione di molti Paesi occidentali non si sono preparati o non si stanno adeguando ai cambiamenti del mercato del lavoro e ciò determina la crescita dell’insicurezza delle classi medio-basse e meno istruite colpite sia da alcuni effetti della globalizzazione (delocalizzazione della produzione) sia dall’avvento delle nuove tecnologie. Considerato ciò il problema del lavoro (quindi di salari e formazione) diventerà sempre più centrale nelle società avanzate.

Il ritorno dell’identità. Questioni come l’identità nazionale, i valori culturali e le origini etniche sono state un carburante formidabile per l’ascesa dei partiti anti-establishment. Considerate le difficoltà economiche di cui prima si è fatto cenno, l’idea di una società plurale, multi-etnica, cosmopolita si è sbriciolata contro la realtà della disoccupazione, dell’incertezza economica, della paura del terrorismo e dell’immigrazione. Questi elementi sono esplosi nel dibattito politico e nella rivolta al politicamente corretto venendo intercettati da nuove forze politiche. I partiti anti-establishment hanno così potuto giocare su due tavoli generazionali: da un lato i giovani preoccupati del proprio futuro a livello occupazionale, economico e sociale in cerca di protezione e dall’altro le fasce anziane della popolazione, più tutelate economicamente, ma maggiormente spaventate da una società egualitaria, cosmopolita e multi-etnica. In questo scenario il mix tra contestazione contro i partiti tradizionali e la ricostruzione dell’identità nazionale sta risultando sempre più vincente per l’ascesa dei movimenti (e/o di leader) anti-establishment in tutti i sistemi politici occidentali.

Il dibattito sulla post-verità. Il valore in sé dell’espressione “post-verità” è di poco conto, una catch-phrase di quelle che piacciono molto agli studiosi di politica anglo-sassoni, ma il succo conta parecchio perché identifica una serie d’importanti trasformazioni nella formazione dell’opinione pubblica: 1) l’erosione della fiducia nei media tradizionali. Frammentazione, antagonismo, partigianerie coniugate alla pluralizzazione dell’offerta e degli interessi rappresentanti hanno distrutto i media come istituzione. 2) Oggi ognuno tende a credere a ciò che vuole sulla base dei propri valori, sentimenti e sensibilità e il risultato è che ogni cittadino si costruisce il proprio racconto sulla realtà politica, economica e sociale. Questo è un meccanismo che aiuta la diffusione di bufale, falsità e notizie non verificate che però riescono a coinvolgere l’opinione pubblica. 3) Tuttavia, c’è anche un elemento più profondo di ciò che i fatti sembrano indicare e cioè la trasformazione della democrazia occidentale: da governo delle opinioni (copyright Giovanni Sartori) a governo delle emozioni. Quanto più l’informazione produce emozioni tanto più è il suo valore presso il pubblico. Il messaggio da elemento di formazione dell’opinione pubblica si è trasformato in bomba emotiva (copyright Luigi Di Gregorio). Basti pensare a come è cambiata la comunicazione politica negli ultimi dieci anni: conta solamente il racconto, le emozioni, la personalità e zero le proposte, i fatti, la capacità realizzativa della promessa. Si annida qui un paradosso della società contemporanea ovvero la società più progredita e con la maggiore disponibilità d’informazioni e conoscenza della storia che però viaggia spedita, in termini politici, sull’onda delle emozioni e dell’irrazionalità. Come ne usciremo? Anche di questo, con più spazio, ne parleremo prossimamente.