Il futuro della democrazia occidentale: crescono gli elettori anti-sistema
17 Gennaio 2017
La scorsa settimana è uscito un altro importante rapporto internazionale: il Global Risks Report 2017 del World Economic Forum. Il report, disponibile qui http://reports.weforum.org/
La sezione più affascinante è quella in cui si riflette sul futuro della democrazia occidentale. L’analisi si fonda su quattro aspetti: la crescita dei partiti anti-establishment, l’impatto delle nuove tecnologie, il ritorno dell’identità, il dibattito sulla post-verità.
La crescita dei partiti anti-establishment. È un trend in crescita in tutta Europa in cui l’elettorato si sta sempre più polarizzando intorno a messaggi di contestazione verso i partiti e le istituzioni tradizionali, ritorno del nazionalismo, della difesa dell’identità e di chiusura verso l’immigrazione mescolate
L’impatto delle nuove tecnologie. Automazione e innovazione hanno portato enormi benefici alla vita quotidiana ma stanno anche cambiando radicalmente il mondo del lavoro. I sistemi d’istruzione di molti Paesi occidentali non si sono preparati o non si stanno adeguando ai cambiamenti del mercato del lavoro e ciò determina la crescita dell’insicurezza delle classi medio-basse e meno istruite colpite sia da alcuni effetti della globalizzazione (delocalizzazione della produzione) sia dall’avvento delle nuove tecnologie. Considerato ciò il problema del lavoro (quindi di salari e formazione) diventerà sempre più centrale nelle società avanzate.
Il ritorno dell’identità. Questioni come l’identità nazionale, i valori culturali e le origini etniche sono state un carburante formidabile per l’ascesa dei partiti anti-establishment. Considerate le difficoltà economiche di cui prima si è fatto cenno, l’idea di una società plurale, multi-etnica, cosmopolita si è sbriciolata contro la realtà della disoccupazione, dell’incertezza economica, della paura del terrorismo e dell’immigrazione. Questi elementi sono esplosi nel dibattito politico e nella rivolta al politicamente corretto venendo intercettati da nuove forze politiche. I partiti anti-establishment hanno così potuto giocare su due tavoli generazionali: da un lato i giovani preoccupati del proprio futuro a livello occupazionale, economico e sociale in cerca di protezione e dall’altro le fasce anziane della popolazione, più tutelate economicamente, ma maggiormente spaventate da una società egualitaria, cosmopolita e multi-etnica. In questo scenario il mix tra contestazione contro i partiti tradizionali e la ricostruzione dell’identità nazionale sta risultando sempre più vincente per l’ascesa dei movimenti (e/o di leader) anti-establishment in tutti i sistemi politici occidentali.
Il dibattito sulla post-verità. Il valore in sé dell’espressione “post-verità” è di poco conto, una catch-phrase di quelle che piacciono molto agli studiosi di politica anglo-sassoni, ma il succo conta parecchio perché identifica una serie d’importanti trasformazioni nella formazione dell’opinione pubblica: 1) l’erosione della fiducia nei media tradizionali. Frammentazione, antagonismo, partigianerie coniugate alla pluralizzazione dell’offerta e degli interessi rappresentanti hanno distrutto i media come istituzione. 2) Oggi ognuno tende a credere a ciò che vuole sulla base dei propri valori, sentimenti e sensibilità e il risultato è che ogni cittadino si costruisce il proprio racconto sulla realtà politica, economica e sociale. Questo è un meccanismo che aiuta la diffusione di bufale, falsità e notizie non verificate che però riescono a coinvolgere l’opinione pubblica. 3) Tuttavia, c’è anche un elemento più profondo di ciò che i fatti sembrano indicare e cioè la trasformazione della democrazia occidentale: da governo delle opinioni (copyright Giovanni Sartori) a governo delle emozioni. Quanto più l’informazione produce emozioni tanto più è il suo valore presso il pubblico. Il messaggio da elemento di formazione dell’opinione pubblica si è trasformato in bomba emotiva (copyright Luigi Di Gregorio). Basti pensare a come è cambiata la comunicazione politica negli ultimi dieci anni: conta solamente il racconto, le emozioni, la personalità e zero le proposte, i fatti, la capacità realizzativa della promessa. Si annida qui un paradosso della società contemporanea ovvero la società più progredita e con la maggiore disponibilità d’informazioni e conoscenza della storia che però viaggia spedita, in termini politici, sull’onda delle emozioni e dell’irrazionalità. Come ne usciremo? Anche di questo, con più spazio, ne parleremo prossimamente.