Global Trends 2035: come cambia il mondo dopo l’elezione di Trump

di Lorenzo Castellani
12 Gennaio 2017

È uscito questa settimana il report “Global Trends 2035 – Paradox of Progess” del National Intelligence Council. Il rapporto esce ogni quattro anni e sempre in concomitanza con l’insediamento del nuovo (o confermato) Presidente degli Stati Uniti d’America dopo le presidenziali. È un report a tutto tondo sul futuro del mondo a livello politico, economico, tecnologico e diplomatico. Per questioni di spazio qui riporterò, in maniera sintetica e per punti, solo tre elementi che ritengo particolarmente interessanti: trends globali, Europa, governo e politica. Il rapporto è disponibile qui https://www.dni.gov/index.php/global-trends-home

Trends globali 

L’Intelligence americana mette in cima alla lista dei trend globali la demografia e, in particolare, la crescita dell’invecchiamento della popolazione. Un trend che vale tanto per i paesi sviluppati (Russia inclusa) che per alcuni paesi asiatici (Cina, India). L’invecchiamento crescente della popolazione avrà effetti importanti e difficili da gestire politicamente sul welfare, l’occupazione, la sanità, la gestione dell’immigrazione. In altre parole, l’invecchiamento della popolazione determinerà dei costi che i governi si troveranno sulle spalle in modo crescente nei prossimi vent’anni e comporterà per i paesi occidentali una riduzione della popolazione in età lavorativa.
Aumenta inoltre, in modo sostanziale, la popolazione delle grandi metropoli. Nel 2035 saranno 41 le città con oltre 10 milioni di abitanti e 63 quelle tra 5 e 10 milioni. Infrastrutture, innovazione e popolazione si concentreranno sempre di più nelle megalopoli, le quali molto probabilmente inizieranno a godere sempre di più un regime legale-istituzionale ad hoc.
La povertà globale continuerà a diminuire a livello complessivo, ma resterà il problema dell’impoverimento della classe media occidentale. La tecnologia progredirà velocemente, ma necessiterà di competenze, infrastrutture e capacità per sfruttarle e gestirle a pieno. Le nuove tecnologie, oltre a migliorare la vita umana, potranno spingere in alto la produttività delle economie ma per farlo sarà necessario che Stati e mercati investano sulla formazione e le strutture opportune per supportare lo sviluppo tecnologico e le sue ricadute socio-economiche.
Da ultimo aumentano le spinte identitarie sia a livello politico che religioso. Le nuove idee e identità si stanno diffondendo sulla base del principio d’esclusione, piuttosto che d’inclusione. La crescita della connettività globale coniugata con debole ripresa economica. La politica identitaria continuerà a diffondersi politicamente sia a destra che a sinistra a scapito del liberalismo cosmopolita. Il nazionalismo sarà utilizzato da molti leader politici per rafforzarsi in politica interna con conseguenti riflessi sulla politica internazionale. Di conseguenza aumenterà l’influenza religiosa e con essa il fondamentalismo religioso. A livello politico è probabile il rafforzamento della contestazione verso il politicamente corretto, in particolare rispetto al multiculturalismo e alle questioni gender.

Europa

In Europa si addenseranno molti elementi di debolezza. Per i prossimi anni, considerato il panorama politico, resta improbabile che il progetto dell’Unione Europea possa svilupparsi verso una qualche direzione. Lo status quo politico e istituzionale dell’UE sembra destinato a durare a lungo. Le istituzioni pubbliche europee continueranno a perdere fiducia nei confronti dei cittadini che si sentono sempre meno parte di un demos europeo e si rifugiano, anche elettoralmente, sempre di più in movimenti d’ispirazione nazionalista. A questa debolezza politica si assommano i problemi delle periferie esterne all’Europa, in particolare, l’immigrazione dal fronte medio-orientale, che rebus sic stantibus continuerà a fluire verso il vecchio continente, la fragilità della democrazia turca e la pressione russa nel finanziare e sostenere idealmente i movimenti anti-establishment, sovranisti e nazionalisti. Lo stato di salute delle democrazie europee è in peggioramento, tuttavia per gli analisti del Global Trends i check and balances e la certezza del diritto garantiti dalla tradizione costituzionale europea sarebbero tali da permettere alle democrazie europee di conservare un sufficiente tasso di liberalismo, non politico ma istituzionale-giuridico, anche nel caso di governo delle forze anti-establishment. Considerata la debolezza degli altri paesi europei la Germani continuerà ad essere il Paese leader in Europa e a mantenere, in ogni caso, una relazione collaborativa con la Francia. E’ probabile che nei prossimi anni l’Europa Unita resista accumulando ulteriori elementi di fragilità e instabilità affidandosi sempre di più ad una cabina di regia ristretta ai paesi più forti dell’Unione per quanto riguarda politiche comuni e scelte strategiche. Il sogno degli Stati Uniti d’Europa e delle ever closer union sembra del tutto archiviato dalle previsioni del Global Trends per i prossimi anni.

Governo e Politica: verso una governance ibrida

La fiducia nei governi (dati OECD 2015) è in picchiata in tutti i paesi occidentali. Difficile che possa esserci una ripresa della fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche secondo l’intelligence americana. Governare è sempre più complesso tanto a livello decisionale per la pressione delle aspettative dei cittadini tanto a livello pratico, ossia d’implementazione delle politiche. Per questi motivi il Report non prevede riduzioni dei debiti sovrani né grandi ristrutturazioni del welfare state (proprio per le aspettative dei cittadini e per l’invecchiamento della popolazione di cui scrivevamo sopra che possono far schizzare i costi della macchina pubblica). L’ammodernamento tecnologico sacrificherà altri posti di lavoro colpendo ancora le classi medie la cui fiducia nei governi continuerà a declinare a causa dell’instabilità economica.
La governance pubblica continuerà il suo processo di ibridizzazione poiché gli esecutivi dovranno confrontarsi sempre di più con multinazionali, istituzioni finanziarie, organizzazioni non governative e associazioni religiose.
Finanza pubblica e privata tenderanno a mescolarsi e, nelle migliori prospettive, a cooperare per l’erogazione dei servizi pubblici e la costruzione d’infrastrutture. I confini tra Stato e mercato tenderanno a sfumare maggiormente nei prossimi anni (d’altronde già da anni assistiamo al protagonismo dei fondi sovrani sui mercati finanziari globali). Le nuove tecnologie occuperanno uno spazio sempre maggiore sia a livello d’investimenti che a livello di formazione e occupazione (per l’Italia il report segnala un rischio nell’utilizzare le nuove tecnologie per il miglioramento dei servizi pubblici e l’ammodernamento della burocrazia). Per gli stati autoritari queste diventeranno sempre di più un prezioso strumento di controllo politico e manipolazione del consenso. Le spinte contro la corruzione, il malgoverno e la bassa crescita economica potrebbero incidere sull’architettura democratica di molti paesi e, in particolare, sulle democrazie più giovani e meno robuste. L’instabilità politica potrebbe essere il tratto caratteristico di gran parte delle democrazie di seconda e terza generazione (Europa meridionale, Asia, Sud America). Aumenteranno così gli Stati capaci di mescolare elementi democratici con pulsioni autoritarie mostrando un altro aspetto della governance ibrida che ci aspetta nei prossimi anni.
Da ultimo sarà sempre maggiore la forza delle metropoli su cui si sposteranno i reali interessi economici, finanziari e lobbistici. E’ probabile che la cooperazione tra metropoli su grandi temi internazionali, come ambiente e infrastrutture, supererà il diaframma dei governi nazionali conferendo ai governatori di queste città di rapportarsi direttamente tra di loro. In generale, la stabilità politica degli Stati dipenderà dalla qualità della classe dirigente e dalla leadership politica. L’attraversamento di un’epoca che si annuncia turbolenta e, probabilmente, disordinata a livello internazionale può essere portatore di gravi problemi per le istituzioni pubbliche oppure un’opportunità per gestire il debito pubblico, ridurre la pressione fiscale, ridisegnare le istituzioni e migliorare strutture governative e amministrative.

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