La Siria è preda degli sciacalli ma per l’Occidente la colpa è sempre di Putin
3 Gennaio 2017
La destabilizzazione dei paesi arabi è stata un duro colpo all’armonia e alla convivenza pacifica dei popoli. La mobilitazione da parte dei poteri forti internazionali di forze militari, intellettuali e mediatiche contro una vasta area di paesi arabo-musulmani ha creato fenomeni a catena pericolosi e imprevedibili per gli stessi popoli d’Europa. USA, Gran Bretagna e Francia hanno guidato coalizioni militari contro alcuni stati del nord-Africa. Allo stesso tempo determinati gruppi giovanili occidentali insieme a quelli dei paesi destabilizzati hanno abboccato alla “retorica della guerra alle dittature”, protestando nelle piazze nelle “Primavere Arabe”. In questo quadro anche la Siria del “tiranno” Bassar al-Assad doveva essere buttata giù.
Dalla caduta del blocco sovietico, la Nato e l’Occidente a guida USA hanno dovuto: tutelare militarmente e geo-politicamente gli interessi di un pugno di speculatori internazionali; propagandare il concetto di “esportazione della democrazia”; diffondere lo “stile di vita plastificato Americano”, compresa la sua variante liberal o radical chic. Per tutto ciò è stato necessario stipulare alleanze o dare sostegno pieno a vari Stati Canaglia, quelli veri, come Arabia Saudita, Qatar e alla potente teocrazia d’Israele. Altro bersaglio di questo piano è stata la Siria, uno dei paesi arabi a democrazia tribale. La corrente religiosa che fa da traino alle questioni politiche siriane è quella sciita-alawita mentre la famiglia Assad è la “dinastia” che presiede lo stato nazionale. Questi concetti: quello demo-tribale, l’influenza religiosa nello stato e il potere distribuito per clan, sono gli aspetti principali della configurazione politico-istituzionale dei paesi arabo-musulmani.
Lo stato siriano si presenta con un tipo di politica a guida Ba’th, quindi socialista, nazionale e laica. Nel riordino delle questioni egemonico interne arabo-musulmane la Siria è un paese nemico delle correnti wahhabite e estremiste sunnite. Quest’ultime sono pienamente sostenute dagli stati occidentali suindicati, con in testa USA e Israele, sia nel sostegno militare che in quello di intelligence, sia nella creazione delle famigerate operazioni Al-Qaeda e ISIS. Per l’ISIS si fabbricano video e notizie falsate (vedi Rita Katz) al fine di inscenare il “reality del terrore a puntate” e per favorire la disinformazione e la diversione dell’opinione pubblica. Tutto ciò oltre al finanziamento e alla fornitura di armi e mezzi sempre alle truppe DAESH (ISIS). Un metodo, quest’ultimo, che gli USA hanno sempre adottato in favore delle fazioni che si oppongono al governo in carica, spesso le peggiori presenti sul territorio, come con la mafia in Italia nella seconda guerra mondiale.
Questa politica estera segnala la scarsità di prospettiva e un’eufemistica “ingenuità” degli USA e fondamentalmente di tutto il suo popolo. Per questo non potranno mai competere con potenze come la millenaria Cina, la Russia di Guerra e Pace, o con l’Europa di Platone, Leonardo e Wagner (solo per citarne qualcuno). Per questa strategia il ruolo dei media è fondamentale. Essi hanno strappato, almeno in Occidente il primato alla politica nel campo della sovrastruttura economico-sociale. Un tipo di informazione catastrofista, la “pappa del cuore” hegeliana, si lega proprio alle ultime fasi di liberazione dai tagliagole dell’ISIS, in questo caso chiamati ingannevolmente ribelli. Oggi la gioia popolare ad Aleppo per il ritorno della legittima e naturale democrazia viene mistificata presentando una situazione apocalittica. Significative sono anche le scene dei festeggiamenti dopo diversi anni di guerra del Natale a Damasco.
Quello che arriva nei nostri tg sono invece notizie opportunamente manipolate dal “Comitato per i diritti umani in Siria” a guida francese e britannica, e allo stesso tempo i media israeliani già gridano all’Olocausto. Certo la guerra è devastazione di un popolo e delle sue ricchezze ma la logica e il buon senso vogliono che si debba pensare a ciò prima di cominciarla o durante le fasi di aggressione, e non al momento della sua possibile conclusione. Che dire invece della notizia omessa dal mainstream comunicativo dell’arresto degli agenti Nato che da un sotterraneo di Aleppo dirigevano le operazioni anti governative, un’azione della quale neanche il consiglio direttivo era a conoscenza. Lo stesso presidente Assad ha affermato che il conflitto sarebbe finito se non fosse per questi continui disturbi eterodiretti. La politica internazionale impone che lo sciacallaggio degli stati sopracitati debba essere addebitato alla coalizione guidata dalla Russia, la quale comunque combatte per i suoi interessi egemonici. Ma sempre la logica vuole che quest’ultimo dato possa essere definito come aspetto secondariamente connesso e solo alla fine del quadro generale della questione.