La falsa mappa cinese: proteste dall’India
1 Settembre 2023
Il servizio cartografica del Ministero cinese delle risorse naturali ha da pochi giorni pubblicato la mappa geografica dei territori riconosciuti ufficialmente come parte integrante della Cina. Nulla di strano penseremmo tutti. Però anche in questo caso – e sbaglieremmo a sottovalutare la questione – la Cina ha colto l’occasione per mostrarsi forte e irrispettosa del diritto internazionale.
La geografia è da sempre un pilastro fondamentale delle relazioni geopolitiche. Il giornalista britannico Tim Marshall sostiene non a caso che la geopolitica non è altro che il rapporto tra le relazioni internazionali e i fattori geografici. Quest’ultimi racchiudono sia la configurazione fisica di un territorio – pensiamo, ad esempio, al ruolo centrale delle Alpi italiane durante la Prima guerra mondiale – sia l’accesso alle risorse naturali a disposizione del popolo abitante. Insomma, sbaglieremmo fortemente a non considerare la geografia quale elemento fondamentale per rispondere al perché accadono eventi storici.
Tornando al caso cinese, è successo che queste nuove mappe geografiche includano territori nuovi. Non sottovalutiamo nemmeno il periodo – cioè pochi giorni fa – di quanto successo: Il rilascio della cartina arriva anche prima del vertice del G20, che sarà ospitato dall’India, a Nuova Delhi, il 9 e 10 settembre, e al quale dovrebbero partecipare Xi Jinping e altri leader globali. Nelle nuove mappe l’Arunachal Pradesh e l’altopiano dell’Aksai Chin sono considerati come territori ufficiali della Repubblica Popolare Cinese. Perché proprio questi due territori? Secondo i cinesi, l’Arunachal Pradesh, nell’Himalaya orientale, è parte del Tibet meridionale. Mentre l’Aksai Chin è un altopiano conteso nell’Himalaya occidentale, rivendicato dall’India ma controllato dalla Cina. Non si è fatta attendere la risposta del governo indiano, che tramite il portavoce del ministero degli Esteri indiano ha comunicato di aver presentato una forte protesta tramite i canali diplomatici perché le “mappa standard” della Cina rivendicano il territorio dell’India. Oltre a questi due territori, l’isola di Taiwan è raffigurata come parte integrante dei territori cinesi, al pari dell’isola Bolshoy Ussuriysky, nell’Amur, contesa con la Russia 1964.
Il governo di Pechino continua con disinvoltura a mostrare la sua totale indifferenza nei confronti delle regole del diritto internazionale. Non dimentichiamo, ad esempio, il suo atteggiamento nei confronti di Taiwan, prossima meta dei suoi interessi geopolitici. Il multipolarismo del mondo, però, di certo non aiuta l’applicazione inflessibile di quelle che sono i codici internazionali. L’Occidente, insieme ai paesi alleati e alle istituzioni internazionali, non può chinare il capo.