La geopolitica di Silvio Berlusconi: spunti per il mondo multipolare

di Lorenzo Somigli
8 Settembre 2023

Silvio Berlusconi ha avuto il merito indubbio di leggere in anticipo il passaggio al mondo multipolare, che oggi è una realtà, tra BRICS, nuova Via della Seta, Corridoio Nord-Sud e perfino de-dollarizzazione. Ben conscio del mutato quadro globale, Berlusconi ha cercato di accompagnare politicamente il passaggio dal confronto dei due blocchi, con limitati margini terzi, a un mondo globalizzato, più complesso, con masse di persone che, forti di numeri e risorse, premono e chiedono uno spazio nella storia. Perché “i popoli esistono anche se sono poveri”.

Partendo da una solida adesione atlantica, del resto proprio lui è stato l’artefice della definitiva “americanizzazione del Paese” con il modello del consumo, tentò di avvicinare Russia e il cosiddetto mondo libero: questo tentativo avvenne al vertice di Pratica di Mare (2002), dove Berlusconi coordinò – per conto della NATO – lo storico colloquio tra Bush e Putin. Lo “spirito di Pratica di Mare”, quindi, avrebbe potuto aprire un periodo di libertà e di pace; forse ci sarebbero stati meno morti, anche sul suolo europeo, dove ora la guerra è tornata, per la terza volta, e non accenna a finire.

Berlusconi aveva ereditato i tratti distintivi della politica estera italiana del secondo dopoguerra, seppur con minore libertà di azione, e ha cercato di costruire uno spazio comune euro-asiatico, aperto al mondo arabo e centrato sul Mediterraneo, quel mare di mezzo che, come dimostra il raddoppio del canale di Suez, da cui passa il 12% circa del commercio globale, rimane rilevante.

Tuttavia, il Fondatore e Leader di Forza Italia si è scontrato con resistenze e opposizioni interne ed esterne, soprattutto di altri paesi e partner europei. Le fragili primavere arabe e la conseguente liquidazione delle classi dirigenti figlie del socialismo arabo hanno sferrato il colpo di grazia a questa visione. Solo le sue capacità comunicative e politiche gli hanno permesso di sopravvivere e di continuare ad avere un notevole impatto sulla società italiana, che si perpetua oggi con la sua creatura politica parte della maggioranza di governo e con Mediaset avviata a una ristrutturazione da seguire.

Dunque un Berlusconi protagonista della temperie da “fine della storia”, avendo intuito ciò che oggi è un’urgenza: un’evoluzione dei paradigmi delle arene globali, una ridefinizione del ruolo della NATO e dell’Unione Europea che, post-Brexit, pare ridotta a pura propaggine economica della suddetta alleanza. Certe contraddizioni irrisolte sono poi riesplose.

L’impatto di Silvio Berlusconi sul sistema politico e mediatico italiano, con il “partito apartitico” e l’emergere della società civile, e con la supremazia dell’audience – inventa la tv leggera mentre la Rai manda in onda Tolstoj – sui contenuti, è smisurato. Berlusconi, in questo senso, ha aperto la strada anche al populismo e alla comunicazione dei nuovi media digitali.

Berlusconi non è riuscito a concretizzare la sua visione geopolitica ma ha portato alla vittoria definitiva il modello di vita e di consumo “Made in USA”. Non sembra, però, che ci sia qualcuno in grado di ereditare o rilanciare la sua visione. Nemmeno Giorgia Meloni con il suo, ancora, fumoso Piano Mattei. Perché Mattei era sì un grande visionario poteva contare su una classe dirigente che aveva sostenuto le lotte per la liberazione oltre che su tecnici esperti e ministeri che funzionavano e che sapeva materialmente come funzionasse, per esempio, una trivella. Oggi, tra smart working e suadenti paroline come sostenibilità e resilienza, non sembrano esserci le condizioni migliori.