Tassare la proprietà non è da destra

di Pasquale Ferraro
9 Settembre 2023

A destra, qualunque essa sia, la parola “tasse” è sempre avvertita con un certo sospetto, non solo perché inevitabilmente la vocazione tassaiola è tipica della sinistra, ma sopratutto per la naturale visone economica che la destra ha sempre costruito nei sui programmi culturali e politici. Meno tasse non è solo uno slogan liberale, ma anche conservatore, e non per una continuità thacheriana, ma per una visione etica che vede nella ricchezza non come avviene tristemente a sinistra la metamorfosi del sopruso, ma come il frutto del lavoro, del sacrifico e anche del merito di ciascuno. Tassare la ricchezza è sempre una scelta difficile a destra, anche perché sono tre le parole che il monetarismo ha lasciato in eredità dai tempi della Reaganomics; detassare, deflazionare, deregolamentare. Parole che se unite alla “dignità” del lavoro della Rerum Novarum, l’enciclica rivoluzionaria di Papa Leone XIII, pongono inevitabilmente fuori dai confini della destra la mannaia delle tasse come strumento punitivo.
Ovviamente poi le anime della destra hanno declinato diversamente questo concetto, ma da qualunque prospettiva lo si guardi, il tassare dalla riva “droit” non è mai una opzione tra le più auspicabili. Per questo alcune scelte del governo hanno causato una levata di scudi a destra, tanto nell’anima liberale che in quella conservatrice. La tassa sugli extra profitti o margini delle banche ha fatto balzare i liberali dalle sedie, come il tetto al prezzo dei voli che ha scatenato la rappresaglia di Ryanair. Dulcis in fundo è arrivata Daniela Santanché con quella che può essere definita senza troppi giri di parole una tassa sulla proprietà. Un tema che tocca il cuore della destra. Di certo la Santanché non si è tramutata nel nuovo Proudhon che al grido la “proprietà è un furto” si propone di applicare l’agenda socialista nel cuore dell’Italia conservatrice, ma il tema è delicato ma rischia di essere controproducente per il governo e per la percezione che della destra hanno sempre avuto “i proprietari”.
La proprietà è sempre stata oggetto dell’aggressione da parte delle politiche di sinistra, ma mai dalla destra – il governo Berlusconi eliminò la tessa di successione, poi reintrodotta dalla sinistra – per questo è parso quantomai assurdo che proprio questo governo confezionasse una proposta di simili fattezze.
Il ddl sugli affitti brevi – si dice spinto dagli albergatori – rischia di essere un limite allo sfruttamento della proprietà inaccettabile, che potrebbe provocare non tanto nelle grandi città, ma in quelle più piccole, che vivono su B&ampB e case vacanza un danno rilevante. Poi di per se queste forme di limitazioni sono nocive e appunto non da destra.
Nessuno mette in dubbio che il settore ricettivo sia soggetto ad una pesante e stringente normativa, ma la soluzione non è colpire la concorrenza, bensì semmai deregolamentare il settore alberghiero, su questo dovrebbe concentrarsi l’azione di un governo di destra.
Preoccupa un certo interventismo spropositato, una tendenza ad invadere campi che dovrebbero essere lasciti alle normali regole della concorrenza, concentrandosi su una sempre maggiore deregolamentazione e semplificazione che permetta una leale ed equilibrata concorrenza che porti ad una sempre maggiore crescita del settore.
L’interventismo in economia non è mai la soluzione, il pensare di risolvere tutto a colpi di decreti cozza con la realtà del mercato. Il turismo italiano è un settore cruciale per il nostro PIL e sul versante occupazionale e non può essere affrontato con logiche “socialistizzanti” estranee all’approccio culturale che dovrebbe caratterizzare un governo di destra. Sono ambiti delicati dove basta poco per perdere il consenso e modificare la percezione di un governo che di “meno tasse” ha fatto il suo slogan. I proprietari di case non sono né le multinazionali né tantomeno le banche – che ultimante non godono di particolare fama – sono semplici cittadini che mettono a frutto una ricchezza immobiliare che richiede continue attenzioni, costi di manutenzione, tassazione e poche agevolazioni, eccezion fatta per la cedolare secca. Serve oculatezza nelle scelte, sopratutto se colpiscono chi ad oggi porta ricchezza a tutto il paese.