Trump contro le auto elettriche cinesi

di Nicola Bosco
9 Settembre 2023

Negli ultimi anni l’ambientalismo si è trasformato, sulla falsariga delle lotte per i diritti civili, in una clava della sinistra per imporre la sua agenda politica liberal globalista in Occidente. Si parte dalla difesa di una causa universalmente ritenuta giusta, dalla difesa delle minoranze alla tutela dell’ambiente, la si estremizza e si propone come soluzione la solita ricetta socialista: intervento dello Stato nella vita privata e nell’economia, limitazioni delle libertà individuali e maggiori regolamentazioni e burocrazia.

L’attuazione dell’agenda green si è trasformata in una dogmatica crociata che rischia di provocare seri danni alle economie occidentali, costringendo cittadini e aziende a continue regolamentazioni, a costo di tasse e sanzioni, per potersi uniformare ai criteri stabiliti da Washington e Bruxelles. In particolar modo negli Stati Uniti il presidente Biden sta portando avanti una radicale campagna in favore dell’auto elettrica che metterebbe in difficoltà il settore automobilistico americano, provocando non poche ripercussioni nella competizione con la Cina. Ironia della sorte, la campagna in favore dell’auto elettrica dei Democratici americani rischia di rappresentare un grave autogol in termini politici con la working class, colpita dalle ripercussioni economiche e sociali dell’ideologia green, ormai sempre più lontana dalla sinistra.

Nella frattura tra il Partito Democratico e il suo elettorato storico è riuscito ad infilarsi l’ex presidente Donald Trump, in corsa per la nomination repubblicana, che nei giorni scorsi si è rivolto direttamente alla United Auto Workers (UAW), il sindacato dei costruttori di automobili, e al suo presidente Shawn Fain per denunciare pubblicamente i danni provocati da questa pericolosa deriva. Tutto questo avviene in un particolare frangente in cui il sindacato UAW, che ha sede in Michigan, Stato cruciale per le presidenziali americane, ha minacciato di indire scioperi qualora le sue rivendicazioni non dovessero essere accolte. Il timore che un’intera industria sparisca per cedere il passo all’avanzata economica del gigante cinese non fa altro che aumentare le simpatie trumpiane all’interno della classe media americana, da troppo tempo delusa ed esclusa dalle decisioni del governo federale.

Si concretizza sempre di più un moderno conservatorismo sociale che trae le sue origini nel “capitalismo popolare” di Margaret Thatcher e vede nella figura di Donald Trump, un imprenditore proveniente da una famiglia di umili origini, un punto di riferimento indiscusso.