I limiti della dottrina gnostica
14 Luglio 2021

Il neo-gnosticismo contemporaneo è senza dubbio uno dei tratti caratteristici del senso comune del nostro tempo, ma ha anche i suoi problemi, che sono tutt’altro che trascurabili. Proviamo a evidenziarne alcuni, mettendo il pensiero gnostico sotto la lente di quello cattolico.
Il primo problema non da poco emerge se si fa attenzione alle premesse metafisiche. Come abbiamo già detto nella prima parte, per lo gnosticismo la realtà in cui siamo calati è di per sé maligna e ingannatrice perché il suo architetto è un despota malvagio. Ora, questa premessa porta a delle gravi conseguenze in campo gnoseologico. Se la realtà in cui noi viviamo è di per sé malvagia e ingannatrice e il nostro corpo è una prigione, viene meno l’affidabilità del metodo scientifico. Il metodo scientifico, infatti, si basa su quella che la tradizione metafisica classica chiama teoria della comprensibilità del mondo, che afferma una corrispondenza tra il reale e il pensiero umano, se questo presupposto non è dato per vero, l’indagine sperimentale viene privata di ogni affidabilità, in quanto fondata sull’osservazione sensibile di un fenomeno naturale (ne parla a proposito Galileo Galilei ne Il Saggiatore).
Tuttavia, per la visione gnostica, sia i fenomeni naturali sia i sensi sono limitanti e ingannano lo spirito e ogni sapere che si fonda su di essi allontana dalla verità, per questo motivo bisogna superarli e privarsene. Forse non è un caso se molti sostenitori delle teorie complottiste come QAnon, di palese matrice gnostica, non hanno fiducia nelle autorità scientifiche.
Il secondo problema è l’atteggiamento esclusivista e l’autoritarismo. I membri delle sette gnostiche si considerano un gruppo di pochi eletti consapevoli del grande inganno in cui siamo calati. Così infatti erano i catari, i quali erano organizzati in uno schema gerarchico dove a capo vi erano i più puri che si sottoponevano a riti estremi di purificazione per liberarsi dal vincolo del corpo e della materia, i più radicali arrivavano anche a lasciarsi morire per liberare lo spirito dal corpo. I moderati invece si limitavano a servire i più puri in attesa di ricevere il cosiddetto “consolamento”, che era una sorta di battesimo che solo i capi potevano dare. Siccome si tratta di una cerchia di pochi eletti, chi non ne fa parte è visto come un intoccabile o un capro espiatorio perché non è cosciente della vera natura del mondo. Inoltre, dato che solo questa consapevolezza avvia il cammino verso la verità, solo i puri della setta hanno l’autorità morale sugli altri e vanno seguiti ciecamente, poiché ogni critica o disobbedienza verrebbe vista come un’insidia da parte della divinità malvagia che regna sul mondo.
Non è un caso se questo atteggiamento è presente oggigiorno nei gruppi identitari di sinistra americani. Scrive a riguardo sempre Mark Lilla: «Più i liberal sono diventati ossessionati dalle identità personali, meno si sono aperti a un dibattito politico ragionato. […] Il vincitore della disputa sarà colui che ha invocato l’identità moralmente superiore e ha espresso la massima indignazione nell’essere stato messo in discussione. […] L’argomentazione viene dunque sostituita dal tabù. […] Le affermazioni sono pure o impure, non vere o false» (Parte 2. Pseudopolitica, L’identità non è di sinistra. Oltre l’antipolitica).
Il terzo problema è l’identificazione del limite della natura umana con la privazione. La condizione umana è dunque un vincolo da cui bisogna liberarsi. In realtà, il limite non è una privazione, ma un elemento naturale e strutturale alla natura umana e alcuni indizi rivelano questo. Uno fra tutti è il dubbio: un essere perfetto e illimitato non dovrebbe dubitare, chi dubita è colui che non è certo che le cose stiano effettivamente in un certo modo, ma di conseguenza dimostra che la sua conoscenza è limitata. Ora, un pensatore gnostico applicherebbe il dubbio soltanto per mettere in discussione la realtà sensibile, ma non lo applicherebbe mai sulla propria visione del mondo, perché è lo sguardo dello spirito che è illimitato rispetto al corpo e quindi l’unico che conosce il vero. Questo dettaglio evidenzia ancora di più l’autoritarismo gnostico di cui si parlava sopra.
Concludo con una riflessione riguardo alla lettura gnostica che si può fare del cristianesimo, di cui abbiamo parlato nella prima parte. È sbagliatissimo leggere il ritorno di Cristo al Padre come Dio che abbandona il mondo, lasciandolo in balia del male. Prima di tutto perché il Dio cristiano è Creatore del mondo, quindi se il Creatore è buono, anche la sua creatura è buona. Non a caso Sant’Agostino diceva che l’essere è il bene, in quanto creato da Dio. Il mondo per il cristiano è contingente (altrimenti non sarebbe possibile il libero arbitrio dell’uomo), essendo però contingente non può sussistere senza il suo Creatore, quindi è necessario che Dio si curi del mondo, altrimenti quest’ultimo sprofonderebbe nuovamente nel nulla. Inoltre, se davvero come sostiene lo gnosticismo il corpo è solo una prigione da cui bisogna liberarsi, non avrebbe senso la duplice natura di Cristo (umana e divina), che è uno dei principi fondamentali del cristianesimo.
Anche se il neo-gnosticismo contemporaneo è molto sviluppato nel senso comune odierno, questo non impedisce di poterlo mettere sott’occhio critico, in quanto fenomeno umano, e il pensiero cattolico può essere un ottimo alleato per svelare la natura delle mode gnostiche del nostro tempo ed evitare di assolutizzarle.