Francesco Baracca l’eroe immortale e il dovere di onorare gli eroi d’Italia 

di Pasquale Ferraro
19 Giugno 2023

“Muore giovane chi è caro agli dei”  è una consapevolezza avvolta nella speranza per chi concepisce la vita oltre i limiti della materialità, al di là di quella costipazione cui gli animi sono costretti dalla paura, dalla più grande di tutte le paure, quella della morte. Ma la morte è un destino comune a tutti gli uomini, ciò che fa la differenza non è il quando, ma il come, ed è in questa cognizione che si plasma l’essenza stessa dell’eroismo. Non è incoscienza come qualcuno la potrebbe giudicare, ma ferrea concezione della vita come puro spirito, e lo spirito non può essere rannicchiato nei limiti imposti dai timori. Noi oggi siamo portati a temere il coraggio, l’eroismo, il senso del dovere, perché estremamente distanti dalle caratteristiche dominanti la nostra società, cosi annichilita nella spasmodica ricerca del piacere, dell’attimo, cosi lontane da quel desiderio umano di segnare l’eterno. 

La generazione di giovani italiani cresciuti nel clima della Belle Époque, e come scrive Giovanni Ansaldo:“ figli di un età che aveva profondamente gustato la dolcezza del vivere”, si affacciò al “maggio radioso”, in cui l’Italia fiera, zittì i fautori dell’ “italietta”, asserragliati in quello schieramento di timorosi e opportunisti che fu “il neutralismo” con la volontà di completare quel Risorgimento serio che non può essere realizzato né con la diplomazia, né coi giochi di Palazzo, per come ci insegnano anche i tempi odierni, è la guerra l’unica legge immutata della storia. Quella guerra che veniva “vagheggiata” da quel “Futurismo serio” come lo definisce lo stesso Ansaldo, ripercorrendo quella stagione di passioni e avanguardie , il cui inevitabile epilogo era proprio la guerra, non una guerra folle fine a se stessa, ma la guerra di popolo per liberare le terre irredente e strappare le ultime penne all’Aquila austriaca. 

In questo clima di passioni sopite, nella convinzione che andasse completato il processo risorgimentale che si staglia una delle figure mitiche di quel pantheon di eroi che la grande guerra, la guerra patriottica ha consegnato all’immortalità: Francesco Baracca l’asso dei cieli, il cavaliere divenuto aviatore,  l’aviatore divenuto leggenda. Il suo cavallino rampante è ancora oggi grazie all’intuizione di Enzo Ferrari un simbolo d’eccellenza dell’italianità. Baracca ha pagato come molti eroi il silenzio imposto da una cultura pacifistizzante che inquina là memoria eroica di chi “non a parole”, ma nei fatti “ ha fatto l’Italia”. Grazie ai 100 anni dell’Aeronautica Militare – di cui ricorre proprio quest’anno l’anniversario – la sua figura è uscita dal limbo, ed oggi che ricorre il tragico anniversario del suo abbattimento sul Montello, a pochi mesi dalla grande Vittoria, è ancora più forte il dovere di ricordare e onorare gli eroi caduti, i sacrificati, i sopravvissuti, ma anche i reduci, i veterani di ieri e di oggi, perché sono loro l’orgoglio della Nazione, il simbolo invitto del sacrifico, dell’abnegazione. Sono la risposta immortale alla retorica autoflagellatoria  delle nostre legittime ambizioni nazionali, imposte da quella cultura nefanda di cui abbiamo visto gli epiloghi tragicomici nelle polemiche del 2 giugno. 

Francesco Baracca ha conquistato sul campo due Medaglie d’argento e una Medaglia d’oro al Valor Militare, con 34 aviatori nemici abbattuti su 63 combattimenti. Quello che scrivendo al padre all’atto di scegliere di lanciarsi nella pionieristica avventura dell’aviazione definirà come “avvenire strepitoso”, lo costruì per sé e con il suo sacrifico per tutti gli aviatorii italiani che in lui videro il simbolo del coraggio massimo, la sublimazione stessa del concetto di eroismo. 

Restano scolpite le parole riferita ad un giornalista sulla sua vita personale – lui amato e ammirato dalle donne  e legato sentimentalmente da un grande amore alla cantante lirica Norina Cristofoli – “ con la vita che ho scelto – afferma l’eroe – sarei un farabutto ad alimentare un grande amore probabilmente destinato ad un grande funerale”. La sua Norina gli sarà eternamente fedele. 

L’eroe azzurro della battaglia del Solstizio cadrà abbattuto la sera del 19 giugno 1918 lanciandosi a mitragliare gli austriaci a duecento metri di quota. Sarà l’atto finale che nel vibrare solenne dei cieli lascerà cadere le spoglie mortali dell’uomo, affinché sorgano quelle dell’eroe leggendario.