Carceri affollate ma i domiciliari non si concedono: non ci sono braccialetti
10 Gennaio 2017
Tra i tanti casi di dilettantismo politico e burocratico è emerso nei giorni scorsi un gravissimo caso di dilettantismo giudiziario. È scoppiata infatti la questione dei braccialetti, non i “braccialetti rossi” che tengono incollati allo schermo giovani e mamme italiane, ma quei braccialetti tecnologici che dovrebbero servire a monitorare i detenuti agli arresti domiciliari. La pietra dello scandalo è stato il caso dell’ingegner Giandomenico Monorchio, non un criminale seriale, ma un serio imprenditore con un curriculum specchiato fino al momento in cui è incappato in una imputazione di corruzione, pur da dimostrare, nell’ambito di un’inchiesta su opere pubbliche, in cui il principale inquisito è un suo ex dipendente, in precedenza da lui licenziato per quanto si è potuto apprendere dalla lettura delle cronache.
Appena prima di Natale, il GIP aveva deciso, dopo circa due mesi di carcerazione a Regina Coeli, di concedere i domiciliari con l’assegnazione del braccialetto al malcapitato Monorchio, ma, guarda caso, passava Natale, Santo Stefano, ecc., e nessuno riusciva a trovare un braccialetto, perché la “gioielleria” della nostra giustizia è sprovvista di braccialetti. Fra l’altro, ci risulta che il suddetto Monorchio sia assistito dall’avvocato Franco Coppi, che avrà pur evidenziato al GIP il diritto di un cittadino a fruire della pena meno afflittiva che gli viene assegnata, ma il Monorchio è stato costretto a passare le feste e continuerà a restare a Regina Coeli, pur non essendo né un pericoloso criminale né un organizzatore di furti a domicilio.
Il fatto è che nel frattempo, grazie al caso Monorchio, veniamo a sapere che sono molte centinaia, e forse più di un migliaio, i beneficiari dei domiciliari con braccialetto costretti a rimanere in carcere perché il Ministero della Giustizia e il Ministero degli Interni non si sono coordinati e quest’ultimo non ha organizzato per tempo la gara per l’acquisizione dei braccialetti. Si tratta di un caso in cui il dilettantismo e l’insipienza politico-burocratica pesano su diritti fondamentali dei cittadini, sanciti dalla Costituzione, davanti a cui, una volta tanto, allo stupore subentra l’indignazione, perché si tratta di un fenomeno impensabile per un Paese civile.
Ciò che è ancora più grave è che il Governo, le forze politiche, gli intellettuali e gli organi di stampa non reagiscano in termini adeguati rispetto a questa gravissima violazione di diritti fondamentali del cittadino.