Antifascismo e la strategia degli opposti estremismi

di Roberto Siconolfi
24 Febbraio 2018

Nel 2018 a distanza di quasi un secolo, parlare di anti fascismo, in assenza di fascismo sembra quasi imbarazzante se non fosse tragico. In un sistema così compiuto e raffinato, quale il neo-totalitarismo UE, l’anti fascismo è a tutti gli effetti uno strumento nelle mani delle élite per perpetrare il loro dominio. Tra l’altro, adesso che vi è un aumento di livello di consapevolezza popolare sul modus operandi dei poteri forti, tra cui le tecniche del divide et impera, ecco che a gonfie vele mainstream, intellighenzia, e socialdemocrazia armano le mani del “radicalismo anti fa”.

Ricordiamo che già negli anni ’60-’70 con l’Operazione Gladio i centri di potere politico, più o meno occulti, muovevano alternatamente i gruppi della sinistra o della destra extra-parlamentare per realizzare determinati piani governativi. Tuttavia già all’epoca esistevano voci critiche ed interessanti esperienze, seppur piccole che cercarono di superare determinati steccati, in nome di una più ampia lotta anti-sistema. Prendiamo gli esordi del Movimento Studentesco ad esempio, o le lucide analisi di Pasolini su anti fascismo e difesa della polizia.

Oggi tutta la strategia degli opposti estremismi torna in auge. Le oligarchie finanziarie e mondialiste se la ridono quando un popolo si scontra su temi fuorvianti quali il razzismo degli italiani o la presunta omofobia, o altri minori come la corruzione e l’economia che non riparte per questo o quell’altro motivo.

A sottrarsi con maggiore saggezza a questo gioco al delirio, tra le forze anti establishment, vi è Casapound e Lista del Popolo. La situazione è precipitata di parecchio negli ultimi tempi, in particolare dal tragico assassinio della povera Pamela ad opera di un gruppo di criminali nigeriani, col barbaro corrispettivo della strage susseguente. Così da lì, quasi fosse un gioco a somma zeri, si sono alternati atti violenza politica in nome degli opposti estremismi. E abbiamo avuto vili pestaggi e scontri con la polizia tutti in nome della democrazia e dell’anti fascismo, e presunti accoltellamenti, quello di un’esponente di Potere al Popolo e un incendio al Centro Sociale di Brescia.

In ultim’analisi la strategia di far scontrare settori delle masse e in nome di feticci ideologici è riuscita perfettamente.

Certo una riflessione approfondita la merita tutta la questione dell’antifascismo militante o padronale, pacifico o violento. Esso è davvero l’argomento ultimo che ha a disposizione un determinato ceto politico per sollevare i propri rancori personali, ma peggio ancora per nascondere le proprie colpe e manchevolezze.

E stiamo parlando del Partito Democratico e dei suoi alleati, ma più in generale di tutto quell’apparato diversificato “politico, lobbistico e culturale” legato alla “nuova socialdemocrazia” moderata e radicale. Dall’alto di una presunta superiorità morale e di una mai compresa detenzione di egemonia culturale, essi pontificano, decidono chi debba parlare o meno, e quali temi e argomenti sono degni di dibattito e diffusione informativa.

È tremendamente triste vedere questi vecchi, non in senso anagrafico, tenere bloccato il meglio della nascente intellettualità italiana, che non sente più il bisogno di richiamarsi all’anti fascismo. Un tema quest’ultimo messo da parte con saggezza anche da importanti settori del marxismo italiano, quello vero, e pensiamo solo a Costanzo Preve, ma anche alle riflessioni ultime di Giulietto Chiesa, o alle opportune distinzioni fatte da Marco Rizzo.

Volendo analizzare tutta la gerarchia dell’anti fascismo nostrano, troviamo: ex partigiani rimbecilliti che vorrebbero ancora condizionare il corso degli eventi; elementi importanti del PD e del suo sistema di potere che usano l’anti fascismo come ultima leva di consensi; gruppi di giovani che sulla base della nuova moda antagonista “americaneggiante” sfogano i loro rancori contro obbiettivi facili.

Poi sul senso dell’antifascismo in toto, una riflessione sarebbe il momento di farla. A cosa serva dichiararsi tali in assenza di un regime che si qualifichi con quest’appellativo ancora non si è capito. Non si tratta di stare da una parte o dall’altra come imponevano le scelte del ventennio o del ’43, e già gli effetti divisivi e tragici di anti fascismo, come anche dell’anti comunismo, venivano fuori negli anni’60-’70.

Del resto perché fossilizzarsi su un fatto storico di circa cent’anni fa? Allora ci si potrebbe sentire filo imperiali, tornando alla prima guerra mondiale, o ghibellini, andando prima ancora, e farne un’idea verso la quale normalizzare la vita politica o fare violenza. Si dirà la costituzione… questa carta contraffatta in tutti i suoi lati, soprattutto in materia economica, introduzione del pareggio di bilancio, di politiche del lavoro, art 1, e cessione di sovranità politico-militare, questione NATO.

Il bisogno, in realtà, viene da quelle categorie sopraelencate che devono difendere i propri privilegi e le proprie garanzie, economiche e culturali, e che utilizzano questo spauracchio per farlo.

Oggi, lo ripetiamo, la faccenda è inutile e fuorviante, e reinterpretando Marx sembra essere andati talmente oltre la farsa da ritornare al punto della tragedia.